A V É
Perché iniziare dal verbo ausiliare avere? Scusatemi, ma è un mio pallino, dovuto al fatto che molti, anche giornalisti famosi, usano una assurda grafia per dire in romano "lui ha". Non hanno evidentemente letto Gadda (milanese) che nel "Pasticciaccio brutto..." usa giustamente "cià", mentre si sono fatti influenzare da Pasolini (friulano) che invece scrive "ch'a". Prima di aver riletto "Ragazzi di vita", io pensavo che l'errore fosse dovuto al povero Ernesto "CHE" Guevara, dunque allo spagnolo, presumendo, io, che quella fosse la pronuncia di "ch". Ora non so da dove viene questo marchiano errore. Certamente non dall'italiano, infatti nella lingua patria l'acca aggiunta alla lettera "c" da il suono corrispondente al Kappa, lettera non ricompresa nel nostro alfabeto. Anche dopo la "g" ne indurisce il suono. Anche grandi scrittori, senza alcun motivo valido, hanno ritenuto opportuno che le due consonanti "ch" dovessero pronunciarsi "ci", in modo che "ch'a" diventa, secondo costoro, "cià". Niente di più falso. Ecco di seguito la declinazione del presente indicativo del verbo "avé" (tratto dal Vaccaro):
ciò
ciài
cià
ciavémo
ciavéte
ciànno

Abbiamo comunque visto già due cose: nel romano i verbi all'infinito sono troncati - èsse, avé. parlà, créde, fà, dì, sentì. L'altra cosa è che spesso il soggetto è sottinteso.
Se l'ultima sillaba dell'infinito tronco porta l'accento, i pronomi enclitici raddoppiano la propria consonante: dirmi=dimme;parlarmi=parlamme; andarci=annacce ;dirvi=divve.
ind.imperfetto passato remoto futuro Condizionale

ciavévo
ciavévi
ciavéva
ciavémio
ciavévio
ciavéveno

c'ébbi
ciavéssi
c'ébbe (ciavé)
ciavéssimo
ciavéssivo
c'ébbero(ciavérno)

ciaverò
ciaverài
ciaverà
ciavéremo
ciaveréte
ciaveranno

ciaverébbe
ciaveréssi
ciaverébbe
ciaveréssimo
ciaveréssivo
ciaverébbeno


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